Elisabetta Benelli:
Professor Ubertazzi, essendo lei un esperto conoscitore dei materiali lapidei, potrebbe spiegarci qual è l'effettiva innovazione che la Tenax ha apportato nel settore delle finiture?
Alessandro Ubertazzi: La ditta Tenax ci ha chiesto, come Università di Firenze, di presentare in modo circostanziato e, oserei dire, secondo le logiche proprie delle discipline tecno-logiche e scientifiche, una innovazione importante che è stata messa a punto nei suoi uffici. Si tratta di un procedimento molto particolare che introduce una novità assoluta nel campo della finitura dei materiali lapidei destinati all'utilizzo nell'edilizia, nell'architettura e perfino nel design. Contrariamente alle tradizionali finiture che si avvalevano di procedimenti sostanzialmente meccanici (i quali, purtroppo, introducevano nella struttura della materia micro o macro lesioni che, come è noto, sono la causa primaria della scarsa o cattiva durata dei prodotti stessi, nel tempo) questo nuovo procedimento agisce mettendo in evidenza la natura intima e costitutiva delle pietre e dei marmi. In altre parole, e comunque semplificando molto, il procedimento, invece di limitarsi a lucidare il materiale (così come si è sempre fatto) o invece di scavarne la superficie per evidenziare tessiture ulteriori come avveniva attraverso le mar-tellinature, le fiammature, le bocciardature o le sabbiature, agisce selettivamen-te sulle componenti della pietra, incidendo con maggiore intensità sulla frazio-ne meno dura e lucidando perfettamente sia la parte dura che la parte risultante dalla sottrazione di materiale tenero.
E.B.:Le lastre derivanti da questo processo di lavorazione dove trovano il loro mi-gliore impiego?
A.U.: Io credo che il procedimento di cui stiamo parlando e che io stesso ho definito a carezza, nel senso che agisce come una carezza particolarmente selettiva sulla superficie della pietra, sia in grado di conferire alla pietra stessa anche una sorta di superficie tattilmente molto accattivante. Questo processo non fa altro che ampliare il ventaglio delle lavorazioni fin qui conosciute e utilizzate; anzi, introduce, rispetto alle finiture tradizionali (che sostanzialmente si fondavano e si fondano sull'utilizzo di materiali lucidanti e perfino di stuccatura, piombatura ecc.) una dimensione nuova, consentendo così alla pietra di apparire dotata di una sua pelle simile a quelle di una foglia e, quindi, di una struttura viva, capace di evidenziare le nervature e le sfumature intime di cui è composta.
E.B.: Potrebbe dirci esattamente in cosa consistono i due brevetti che Tenax ha pre-sentato durante la giornata veronese?
A.U.: Per quanto è possibile riferire perché, come lei può immaginare, tutti i brevetti hanno anche delle dimensioni più complesse che costituiscono il patrimonio di ricerca che l'azienda ha dovuto profondere nel procedimento Prescindendo da questi aspetti, credo di poter riferire che l'innovazione consiste nell'essere riusciti a incorporare, in modo bilanciato e omogeneo, polveri e sabbie diamantifere all'interno di materiali resilienti di varia origine e tra loro miscelati, i quali possono essere utilizzati come di fatto sono per produrre delle specie di spazzole le cui setole hanno la capacità di abradere selettivamente le superfici delle pietre, lucidando il tutto ma in parte togliendo materia laddove essa è più tenera rispetto alla materia di base di cui è costituito il lapideo. In altri termini, il brevetto consiste in un procedimento che corrisponde alle ultime mole di un normale processo in linea per la rifinitura delle lastre: at-traverso un'unica lavorazione, di tale capacità e forza e con un solo passaggio, si conferisce al materiale una particolare rifinitura, una particolare completezza comunicativa quali, di norma, possono ottenersi, con metodi tradizionali, sol-tanto ricorrendo a più passaggi e quindi spendendo un tempo di lavorazione maggiore.
E.B.: Data la sua esperienza nel settore dell'arredo urbano, ritiene che i materiali lapidei trattati superficialmente con il metodo messo a punto da Tenax possano essere adatti per un impiego negli spazi esterni?
A.U.: Personalmente sono convinto che il procedimento messo a punto da Tenax ab-bia un'infinità di applicazioni di cui è per il momento prematuro tracciare un bilancio. Sicuramente nelle soluzioni di interni (e mi riferisco ai piani di cuci-ne, ai bagni, ecc.) la possibilità di introdurre, sia a pavimento che a rivestimen-to, materiali che presentano una sorta di pelle molto naturalistica e poco ra-zionalistica avrà indubbi vantaggi a livello estetico, intervenendo positiva-mente sull'ambiente in termini di accoglienza e di calore compositivo. Per quanto riguarda l'esterno, i vantaggi saranno ancora maggiori poiché, essendo una finitura che prescinde dal ferimento macroscopico o microscopico del lapi-deo e costituendo in ogni caso un aspetto finale felice del prodotto marmifero, consente di evitare quel degrado che invece le finiture meccaniche impongono inevitabilmente ai materiali che vengono usati all'esterno. Come è noto, la lavorazione meccanica di superfici litiche introduce in queste delle microcavità (delle fessurazioni) o dei distacchi che rappresentano l'occasione per gli agenti fisici esterni di provocare un degrado progressiva-mente sempre più veloce. Un materiale perfettamente rifinito e perfettamente integro dal punto di vista della compattezza materica, evidentemente, si presta ad usi esterni di grandissimo pregio, portando tra l'altro la pietra ad assumere quel particolare livello di patina che, all'esterno, sopraggiunge soltanto gra-dualmente in presenza dei tradizionali agenti atmosferici.
* Elisabetta Benelli, architetto professionista e ricercatore presso la Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Firenze.