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ACHILLE LAITI - NELLE VALLI VERONESI TRA INDUSTRIA E ARTE

04. August 2006 16:49

Pubblicato in ARTE

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Esiste un’arte assolutamente spontanea che trae origine dalle tradizioni familiari e dagli elementi circostanti. Ci sono, a volte, le nuvole in cielo, altre i legni e le pietre della montagna che ispirano un’espressione leggibile della fantasia. Capita ad esempio che un abitante di un luogo di una pace veramente assoluta, e che si occupa di tutt’altro, un bel giorno trovi per caso una statuetta di pietra tenera raffigurante la Madonna e, per il solito caso del destino, gli sfugga dalle mani rotolando sul selciato del cortile fortunatamente senza subire danni.

Esiste un’arte assolutamente spontanea che trae origine dalle tradizioni familiari e dagli elementi circostanti. Ci sono, a volte, le nuvole in cielo, altre i legni e le pietre della montagna che ispirano un’espressione leggibile della fantasia.
Capita ad esempio che un abitante di un luogo di una pace veramente assoluta, e che si occupa di tutt’altro, un bel giorno trovi per caso una statuetta di pietra tenera raffigurante la Madonna e, per il solito caso del destino, gli sfugga dalle mani rotolando sul selciato del cortile fortunatamente senza subire danni. Si sa, per esperienza che quando queste cose succedono c’é sempre presente una moglie che commenta e un marito che minimizza e, poi ancora, una moglie che normalmente aggiunge “tu, comunque, non saresti capace di farne una uguale”.
A questo punto non c’é altra risposta, o si diventa subito bravi scultori e si prepara una copia perfetta o si accetta la critica.
Non è storia, è un fatto veramente avvenuto una decina d’anni fa in una località della Lessinia, nelle prealpi veronesi, nota per l’estrazione della pietra e per il lavoro di tanti scalpellini. Achille Laiti, il protagonista allora quarantenne con moglie (appunto), due figli e di lavoro tutt’altro, si scoprì per caso un bravo scultore con la predilezione di rendere vitali forme umane e animali di tutte le dimensioni. Inizio così l’attività di Achille Laiti scultore, oltre che per i sinuosi nudi fermati nel momento della loro massima espressione, anche come abilissimo narratore di figure di animali nel racconto della loro mitologia come il topo preda dell’aquila e le significative teste di leone. La scommessa che era partita con i semplici attrezzi della spontaneità: un martello, una punta, due scalpelli, un paio di cacciaviti, un coltello spezzato da macellaio per “graffiare” la pietra, è passata al “flessibile” alla ricerca di marmi pregiati sempre comunque presenti nella zona per non tradire l’ispirazione che poi, ad esempio porterà due teste, una di un vecchio, l’altra di una vecchia a sbirciare le fattezze prorompenti di giovane donna affidata ai teneri colori della pietra di Avesa e al magnifico rosso Verona che “vivono” nella natura circostante.
Le opere del Laiti varcano velocemente i limiti regionali e poi quelli nazionali specialmente in Austria e Germania dove la sensibilità per queste figure è identica perché non tradisce le origini della purezza espressiva della cultura della montagna. Tra queste si segnala l’opera più impegnativa fino ad ora realizzata che presenta una specie di arca in un monolite di tre metri per due del peso 40 quintali che descrive la prima donna dell’universo intenta a specchiarsi in uno stagno tra il serpente e la mela.
Oggi, a distanza di qualche anno, Achille Laiti continua a lavorare all’aperto nello stesso posto a Fosse, sopra Sant’Anna di Alfaedo, incurante delle stagioni pur di mantenere il suo dialogo diretto con la natura. Solo in inverno, quando il tempo è particolarmente brutto si ritira al coperto, anche se l’estate é ancor peggio perché lavorare il marmo è veramente un mestiere che fa sudare, ma soddisfa tanto da far perder l’abitudine di guardar la televisione o incontrare gli amici al bar.
Un giorno disse della pietra del luogo (e di chi la lavora) don Alberto Benedetti, parroco della vicina Ceredo “Sono decenni che mi dedico ad essa e qualcosa in tal senso mi pare di avere assimilato. Però sono convinto che ci sia ancora molto del passato da conoscere e specialmente che ci sia un futuro da fabbricare”. “Non si sa se è l’aria del monte Baldo o del Corno d’Aquilio, ma qualcosa c’è che lega artisticamente, quel qualcosa che non si potrebbe trovare, ad esempio, in chi fosse nato in un grattacielo di New York”
Quel qualcosa lo si può da qualche tempo trovare proprio a Sant’Anna d’Alfaedo dove, a un’ora di cammino per sentieri impervi che forse poche persone potranno mai vedere, c’é proprio questo atto di fede per la montagna e per tutto quello che essa dà. In un posto roccioso chimato il Corno d’Aquilio si trova la più singolare scultura di Achille Laiti fatta direttamente sulla roccia per lasciare perennemente ai posteri la figura di una donna ad altezza naturale nell’atto di scalare, il segno della fatica a cui tutti, in un modo o in altro, siamo costretti a compiere continuamente nella vita per lasciare un segno immortale


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