Il distretto lapideo apuo-versiliese continua a svolgere un ruolo di primo piano nel panorama nazionale del settore, a cominciare dall'interscambio, dove è preceduto in misura contenuta da quello veronese: secondo gli ultimi disaggregati provinciali, Massa-Carrara e Lucca esprimono, assieme alla piccola propaggine spezzina, il 28 per cento del valore esportato a livello nazionale, mentre Verona si attesta sul 31,5. Analogamente, le importazioni italiane sono appannaggio di Apuania e Versilia in misura del 23,5 per cento, contro il 32 di Verona. Infine, il 31 per cento del saldo attivo compete alla provincia scaligera, mentre il 29,9 risulta espresso dal distretto apuo-versiliese.
E' chiaro che una valutazione comprensoriale più esaustiva dovrebbe tenere conto del fenomeno produttivo, sia di cava che di laboratorio, ma all'interscambio si deve riconoscere un peso prioritario, non tanto per il carattere ufficiale dei dati di riferimento, quanto perché nel mondo globalizzato circa tre quinti dei consumi complessivi si riferiscono a materiali estratti se non anche trasformati in Paesi diversi da quello della collocazione in opera.
In buona sostanza, i grandi numeri pongono in evidenza il rilievo strategico del settore nei distretti italiani leader: a più forte ragione nell'Apuania e nella Versilia, in cui, diversamente da quanto accade a Verona, dove il lapideo è complemento di una struttura industriale ampia e diversificata, il lavoro del marmista ha rilevanza determinante nell'equilibrio socio-economico del distretto. E' la conferma di una realtà ben conosciuta, ma la sua quantificazione specifica costituisce motivo di interesse non soltanto statistico: infatti, la progressiva riduzione delle quote italiane nel panorama mondiale mette ulteriormente in luce, se per caso ve ne fosse stato bisogno, la necessità di fare sistema in un quadro unitario.
Ciò significa, da una parte, agire lontano da ogni anacronistico campanilismo nei momenti determinanti di politica delle infrastrutture, ricerca, qualificazione professionale, finanziamento degli investimenti e comunicazione promozionale; dall'altra, collaborare a tutto campo non solo a livello interdistrettuale, ma nello stesso tempo, nel perseguimento di sinergie sempre più indispensabili con il momento politico e con quello sindacale. Oggi più che mai, le divisioni non hanno senso, perché compromettono la competitività persino nei settori di nicchia come quello dei lavorati speciali.
A suo tempo si era confidato nello strumento della programmazione anche in campo lapideo. Oggi la realtà è cambiata e nessuno dubita che le politiche d'intervento debbano essere finalizzate a supportare il sistema produttivo basato sulla libera iniziativa, in quanto garanzia di risultati gestionali auspicabilmente validi e di una moderna politica di occupazione. Occorre, tuttavia, che ciascuno faccia la sua parte, senza arroccarsi nella torre d'avorio di improbabili difese corporative: è il momento di produrre competenza, fiducia, lavoro, qualità.