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CONOSCERE I MARMI E I GRANITI

04. August 2006 16:57
(last updated: 19. March 2008 18:10)
Pubblicato in MATERIALI

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Raramente capita di pensare che i “sassi” che noi vediamo, possano essere qualche cosa di diverso da quell’immagine di staticità e freddezza a cui siamo normalmente abituati, e che essi abbiano viceversa una storia propria da raccontare attraverso un loro particolare vocabolario che, con un poco di pazienza ed esercizio può essere, almeno in parte, compreso da un qualsiasi attento osservatore.

Infatti quelle che noi osserviamo non sono altro che “rocce”, cioè “materiali, allo stato sia compatto che sciolto, derivati da processi naturali, o costituiti da uno o più minerali in maniera tale da avere nel loro insieme un certo grado di omogeneità composizionale così come conformate a seguito della storia subita connessa con la evoluzione, tuttora in atto, della superficie terrestre. La prima materia che l’uomo ha imparato a lavorare è proprio la pietra intesa come sinonimo di marmi, graniti e travertini. Oggi non rappresentano solo un materiale a disposizione della moderna architettura ma una vera e propria scelta filosofica che si riassume nella nostra necessità di usufruire di un prodotto veramente naturale dove ogni pezzo si può, a giusta ragione, ritenere un dono unico e dotato di caratteristiche tali da renderlo insostituibile nella ricerca di qualità estetiche igieniche, termiche, eterne. Per molti anni si è ritenuto che il “marmo” fosse un materiale riservato alle classi più facoltose, in effetti con le moderne tecnologie l’evoluzione del tenore di vita mondiale si esprime anche nella scelta di materiali edili di maggiore prestigio ed in questo il prodotto naturale dimostra il livello più elevato di qualità, ma c’é anche il rispetto delle tradizioni che ritornano in momenti di eccessi “globali”. Alessandro Ubertazzi, Architetto e titolare della cattedra di disegno industriale del Politecnico di Milano da un'importante considerazione su "marmo" derivante da una parola turca che dal significato "riflesso". Marmo più che una definizione di materia diventa quindi un sostantivo per tutte le materie lucide e con questo cade l'osservazione mossa agli italiani che, con "marmo" nominano sbrigativamente tutte le pietre ornamentali mentre la terminologie estere danno risalto alla suddivisione geologica. L’invito di oggi è proprio quello di cercare tra travertini e marmi della storia, le pietre delle tradizioni, i lunghi racconti dei graniti e poi trovare chi sa trasformarli nel prodotto più bello che la natura ci dona. Marmi e i graniti possono anche essere un racconto esotico fatto con i colori di tutto mondo che gli abili artigiani della pietra delle Alpi sanno interpretare e proporre come pavimenti, rivestimenti, elementi di arredamento di bagni, cucine, nelle forme artistiche e del ricordo. Insomma, in tutto ciò che la storia ci ha insegnato c’è l’abilità dell’uomo e quanto ha saputo dimostrare nei secoli con la pietra naturale. Per la maggior parte degli italiani “marmo” significa quindi tutto quanto si riferisce alla pietra ornamentale, un difetto linguistico che non ha certamente favorito i giusti criteri di suddivisione ed i vari impieghi della pietra. La pietra naturale non offre solo l’infinita cromaticità dei suoi colori, ma tante, diverse, possibilità di impiego con notevoli risparmi per la massima resistenza all’uso e l’isolamento termico che si ottiene. Marmi e travertini assumono facilmente le forme, i graniti si distinguono per l’eternità e le diverse superfici; graniti e porfidi diventano facilmente cubitali, marmi e ardesia in lastre a spacco naturale. A volte rivelano la loro lunga storia con fossili e colorazioni, capitano anche bolle d’acqua antiche di milioni d’anni, ma quello che più colpisce è l’abilità con cui l’uomo riesce a dar loro una forma, trattarne la superficie, renderli splendenti o evidenziarne i cristalli. Far conoscere a chi determina o decide le scelte questo percorso della trasformazione ed i criteri necessari è quanto si prefigge l’Associazione Marmisti della Regione Lombardia, l’ultima nata tra le associazioni lapidee territoriali ed anche l’unica ad operare nel settore del prodotto finito per la forte componente che si collega al design. Uno dei primi messaggi lanciati dall’Associazione è “per favore non chiamateli marmi o graniti se non sono naturali” un chiaro invito a ben distinguere ciò che la stessa natura garantisce - pietra o legno che sia - dalle imitazioni che un marketing industriale piuttosto aggressivo cerca di volta in volta di inserire per far provare nuove vie alle alternative artificiali. La pietra naturale è ben altro con un racconto che non ha niente a che fare con la chimica, i forni e le vernici, ma che inizia da un uomo con un grande spirito di avventura che si reca in luoghi spesso inesplorati a volte di celebrata bellezza dalle Seychelles al Brasile, dal Sud Africa all’Australia per scoprire cosa fino ad allora la natura é riuscita a nascondere. In molti casi comunque la pietra non ha un inizio preciso, si collega alla storia della civiltà dell’uomo e del suo habitat che cresceva proprio dove era più facile lavorarla ed é proprio la pietra, rimasta la sola intatta nei secoli, a raccontarlo in molti luoghi del mondo. “Potrebbe esserci un tesoro lì sotto” si dice; tesoro, ovviamente, non inteso come oro, diamanti o petrolio, ma come piacere di scoprire quello che la natura gelosamente conserva. ll lavoro di ricerca di nuovi materiali è poco conosciuto, ma molto importante per i benefici che riesce ad offrire ai paesi più poveri che possono sfruttare una materia prima relativamente facile da lavorare. I pochi che lo fanno sono dotati, oltre alle qualità professionali, di una forte disponibilità al rischio sempre pronti ad affrontare avventure estreme e qualche incidente di percorso, pronta a farsi capire in tutti i modi, a convivere con popolazioni a volte al primo gradino della civiltà. Esploratori della pietra quindi con racconti bellissimi che non finiscono sui libri, ma in una materia ancora informe e sbiadita che riassumerà queste emozioni solo al termine del suo lungo viaggio di trasformazione. Dal blocco estratto, che spesso percorre una parte del mondo per arrivare ai luoghi di lavorazione, si ricava un certo numero di lastre in base allo spessore necessario. La lastra è la forma di partenza per la preparazione di pavimenti e rivestimenti, spessori maggiori sono destinati alle forme artistiche un campo dove all’arte pura degli scalpellini si aggiunge l’high-tech di robot che si auto-istruiscono ed eseguono tutte le forme in riproduzione automatica anche dell’impossibile, leggendo sulle carte di antichi progetti mai realizzati. Il grande esploit di questi ultimi anni è anche dovuto all’arrivo in Italia di marmi e graniti di tutto il mondo per essere lavorati e poi ri-commercializzati di nuovo nel mondo. Prendiamo ad esempio il Blu King, una bellissima sienite blu rimasta nascosta milioni d’anni sotto uno dei pochi rilievi della savana è stata trovata da un intraprendente imprenditore ossolano seguendo le scarne indicazioni di una tribù al confine tra lo Zambia e l’allora Zaire. Questo colore è un vero racconto della bellezza dell’Africa australe e del suo cielo con il quale si confonde alle ultime ore del giorno e dell’aiuto che ha portato ai missionari e alla gente della zona. Una volta estratta e squadrata in blocchi percorre un lungo viaggio prima per una cinquantina di chilometri su una pista impervia da riscoprire ogni volta che piove, poi per altri seicento fino alla ferrovia transafricana che per altri tremila la porterà al porto di Zanzibar e poi in Italia, via nave, per essere segata e lucidata in lastre e lavorati pronti per essere utilizzati in pavimenti e rivestimenti.



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