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IL NUOVO TRAFORO DI BASE DEL GOTTARDO

15. May 2007 12:47
(last updated: 28. September 2007 11:34)
Pubblicato in GEOLOGIA

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L’evoluzione tecnologica nelle perforazioni è oggi ben rappresentata dagli ultimi due faraonici trafori in costruzione in Svizzera, le gallerie di base del Löetschberg di 35 km e del Sempione di ben 57 Km che sostituiranno le storiche linee di valico. Il primo è una deviazione verso Berna e la Germania Occidentale che parte dalla linea del Sempione, L’altro velocizzerà a sole due ore il collegamento tra Milano e Zurigo nella più ampia prospettiva del futuro corridoio nord-sud Europa. Entrambi favoriscono il porto di Genova nelle rotte marittime dall’Europa all’oriente La galleria del Löetschberg è già stata ultimata e sarà operativa il prossimo anno dopo il completamento della dotazione tecnologica ed i necessari collaudi.

Il Gottardo è molto più impegnativo anche perchè si lega direttamente ad altri due nuovi trafori di base della stessa linea che attraverseranno il Monte Ceneri e gli attraversamenti montani dello Zimmerberg tra Zurigo e Zugo. Lo scavo del Gottardo in due “tubi” paralleli di 8,8 metri di diametro sta avvenendo con varie “talpe”. Il primo cantiere si trova a nord, a Erstfeld dove inizia la galleria di base del San Gottardo. Questa tratta si compone di due tubi paralleli lunga 7,6 km. Il primo punto di attacco intermedio è a Amsteg dove un cunicolo di accesso lungo due chilometri conduce ai due tubi della galleria da dove partono gli scavi per circa 12 chilometri in direzione sud, fino al confine con la tratta di Sedrun che si trova nel cantone Grigioni. Qui si trova la zona critica del massiccio centrale del Tavetsch, con i punti tettonicamente molto deformati di Intschi e Clavaniev dove, a causa della roccia poco stabile, si ritorna al tradizionale metodo di perforazione e brillamento perchè l’impiego di una fresatrice meccanica è troppo pericoloso. Il materiale di scavo risale in superficie tramite un montacarichi verticale di 800 metri dove viene trasformato in inerte per il calcestruzzo. Alla fine dei lavori il montacarichi diventerà un’ascensore che permetterà ai passeggeri della magnifica trasversale alpina percorsa, tra le vette, dal Glacer express che collega Tirano a Zermat, di scendere nella stazione al centro della galleria per raggiungere Milano o Zurigo. La successiva tratta di 14 chilometri porta da Sedrun all’attacco intermedio di Faido in Ticino dove un tapies roulat lungo 2,7 chilometri con una pendenza del 12%, porta il materiale di scavo in un’altro cantiere di frantumazione. L’ultima tratta verso Bodio con i suoi 16,6 chilometri è la più lunga dell’intera opera e quella che ha avuto più difficoltà per una zona geologicamente critica Attualmente circa i due terzi dei 153,5 chilometri di gallerie e pozzi della futura galleria sono ormai stati scavati. L’avanzamento medio è di 24,2 metri al giorno, Tra il 1872 e il 1880 quando si scavò il primo traforo del Gottardo di 15 km) la media era di 5,5 metri al giorno.
Le due talpe della tratta tra Faido e Bodio hanno terminato il loro lavoro lo scorso 6 settembre quando si sono incontrate con assoluta precisione dopo un avanzamento medio di 24 metri al giorno. (il record è 28).
Il cantiere è stato aperto al pubblico per condividere questa grande emozione e festeggiare il lavoro svolto dalle maestranze provenienti da Italia, Francia, Austria, Portogallo, Croazia e, naturalmente, Svizzera. Bandiere con i colori di mezza Europa e tante tonalità grigie del granito del Gottardo frantumato e polverizzato. Dalle gallerie sono uscite grandi quantità di materiale che attraverso un lungo sistema di collegamenti meccanici per evitare inutili trasporti con mezzi pesanti è stato velocemente trasferito in una zona di frantumazione per essere riutilizzato come ballast per la posa dei binari o componente del calcestruzzo. Quello avanzato ritornerà nel paesaggio nel rispetto delle esigenze ambientali. La galleria attraversa in prevalenza rocce cristalline interrotte in alcuni punti da zone relativamente sottili di rocce sedimentarie. Le rocce cristalline con le quali si riassumono le rocce magmatiche (create dalla solidificazione di fluidi fusi) e le rocce metamorfiche (rocce trasformate e ricristallizzate a causa di cambiamenti della pressione e della temperatura). si possono dividere in tre unità geologiche principali il massiccio dell’Aar nel nord; il massiccio del San Gottardo vero e proprio nel centro e la zona penninica nel sud. Questi complessi cristallini sono stati formati nelle ere antiche della crosta terrestre (paleozoico e precambrio), ossia alcune centinaia di milioni di anni fa. Consistono in un “cristallino antico”, prevalentemente rocce trasformate in gneiss sotto le pressioni e le temperature elevate, e in corpi di graniti intrusi successivamente (circa 300 milioni di anni fa, durante la fase orogenetica variscica). Durante la formazione della catena alpina (“orogenesi alpina”, da 65 a 25 milioni di anni fa) il cristallino antico e i graniti intrusivi sono stati nuovamente messi sotto pressione a temperature elevate e hanno così subito una nuova metamorfosi. Il massiccio del Tavetsch intercalato tra quello dell’Aar e quello del San Gottardo e appartenente al cristallino antico (nel profilo geologico indicato in colore marrone) è composto da filliti e scisti teneri presenti in una sequenza di banchi alternativamente teneri e duri quasi verticali. Durante l’orogenesi alpina il massiccio del Tavetsch è stato fortemente deformato e parzialmente scavalcato.
Negli spazi fra i grossi massi cristallini si inseriscono delle rocce di età variabili. Nella parte settentrionale del massiccio dell’Aar si trova la zona di Intschi con vulcaniti e con rocce sedimentarie contenenti carbone (età circa 300 milioni di anni, periodo carbonifero) trasformate durante la fase alpina dall’erosione e della dissoluzione chimica di rocce preesistenti .
La “zona di Orsera-Garvera”, ubicata tra i massicci del Tavetsch e del San Gottardo e la ben nota zona di Piora, situata sul bordo sud del massiccio del San Gottardo, sono composte da rocce di origine sedimentaria marina di età mesozoica (era che va da 245 a 66 milioni di anni fa) che coprivano originariamente il cristallino del massiccio del San Gottardo. A causa dei forti movimenti delle zolle della crosta terrestre (tettonica) le rocce sedimentarie si presentano oggi come cunei incastrati tra i massicci cristallini. Le difficoltà di carattere geologico per lo scavo di gallerie sono soprattutto da cercare nelle rocce sedimentarie, nelle rocce del massiccio del Tavetsch e nella zona di Clavaniev che hanno qualità tecniche e contenuti di acqua molto variabili. La zona di Piora ad esempio è composta dalle rocce sedimentarie dolomia, dolomia saccaroide, dolomia carlata e gesso. E’ emerso che, a livello della galleria di base del San Gottardo, la dolomia saccaroide è presente in forma solida.
La galleria di base del San Gottardo ha il suo punto culminante a quota 550 metri sopra il livello del mare. Mai fino ad ora in Svizzera si era scavato tanto in basso nella montagna: le masse rocciose sotto le quali passa la galleria sono sovrastate di 2300 metri nel punto più alto. La grande copertura esercita una forte pressione sulle gallerie. La temperatura della roccia aumenta con la profondità fino a 50 °C. Durante i lavori di scavo viene abbassata ad un un massimo di 28°C per rendere sopportabile l’ambiente di lavoro.
Lo scavo è comunque altamente meccanizzato dalle enormi perforatrici che producono una pressione di spinta che può arrivare anche a 2000 tonnellate. Lunghe quasi 300 metri queste macchine integrano tutto l’impianto di scavo, frantumazione, consolidamento ed espulsione del materiale di risulta. Dove la roccia è sufficientemente massiccia, cioè 50 dei 57 kilometri di scavo previsti, si arriva a 20 - 24 metri di avanzamento al giorno. Nel caso del massiccio intermedio del Tavetsch nei pressi di Sedrun e di eventuali altre zone sedimentarie strette l’avanzamento avviene con metodi convenzionali senza perforatrice. Per la curvatura delle gallerie, la pressione esercitata dalle presse può avvenire anche lateralmente. Sotto la pressione degli scalpelli rotanti la roccia si frantuma in cosiddetti chips, piccoli dischi di forma piatta. Per mezzo di nastri trasportatori i chips raggiungono la parte posteriore della fresatrice e ricadono nei vagoncini per essere portati all’esterno. Immediatamente dietro la testa della fresa durante l’avanzamento avviene la messa in opera del rivestimento fatto di ancoraggi, maglie metalliche e calcestruzzo spruzzato. Per evitare che la fresatrice venga impiegata in zone non idonee, ad esempio in presenza di rocce eterogenee, instabili o di forti infiltrazioni di acqua, vengono effettuate in continuazione approfondite analisi geologiche preliminari.
Quando c’è un tipo di roccia sfavorevole composto da materiale molto eterogeneo o poco stabile si arretra la perforatrice, in questo caso inutilizzabile, e si procede come in passato allo scavo convenzionale mediante percussione e brillamento. In casi estremi lo scavo viene suddiviso in singoli settori per non mettere in pericolo la stabilità del fronte di roccioso e la sicurezza del personale.


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