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ARREDO URBANO IL PROGETTO DI UN NUOVO ABITARE

04. August 2006 16:53
(last updated: 19. March 2008 20:48)
Pubblicato in ARCHITETTURA

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Gianluca Sgalippa, architetto, spiega nella prefazione che gli impetuosi processi trasformativi che hanno investito nel secondo dopoguerra la società occidentale e, in special modo, i nostri insediamenti, ci inducono a nuove riflessioni sui modi d’uso dello spazio urbano. Tanto l’eccesso di terziarizzazione dei centri storici, quanto la formazione delle grandi periferie e delle reti infrastrutturali senza adeguati servizi, sono evidenti aspetti di un uso esasperato del territorio alla grande scala (al tempo stesso, caratterizzato da una stanzialità sofferta e da una vorticosa mobilità) e di nuove forme rapaci e incolte di consumo dello spazio fisico: queste hanno lacerato l’ambiente urbano senza che la miope classe amministrativa (a tutti i livelli di competenze) si sia dimostrata in grado di gestire in tempo reale il fenomeno urbano generando o anche solo suggerendo adeguate risposte fisiche all‘abitare.

Gianluca Sgalippa, architetto, spiega nella prefazione che gli impetuosi processi trasformativi che hanno investito nel secondo dopoguerra la società occidentale e, in special modo, i nostri insediamenti, ci inducono a nuove riflessioni sui modi d’uso dello spazio urbano. Tanto l’eccesso di terziarizzazione dei centri storici, quanto la formazione delle grandi periferie e delle reti infrastrutturali senza adeguati servizi, sono evidenti aspetti di un uso esasperato del territorio alla grande scala (al tempo stesso, caratterizzato da una stanzialità sofferta e da una vorticosa mobilità) e di nuove forme rapaci e incolte di consumo dello spazio fisico: queste hanno lacerato l’ambiente urbano senza che la miope classe amministrativa (a tutti i livelli di competenze) si sia dimostrata in grado di gestire in tempo reale il fenomeno urbano generando o anche solo suggerendo adeguate risposte fisiche all‘abitare. A nuovi riti non corrispondono oggi nuovi siti, ma spesso solo quelli storici degenerati, dequalificati, oggetto di parodie. "Mi riferisco particolarmente alle città italiane. In altri contesti urbani (Amsterdam Barcellona, Zurigo) dotati di una forte identità storica ma saldamente radicati alla contemporaneità, gli spazi aperti non sono considerati semplici superfici per il transito terreno residuo tra gli edifici o frutto di una pianificazione effettuata “per tracciati viari” essi rappresentano invece, a tutti gli effetti, uno dei possibili livelli di lettura della città o addirittura, una sorta di città (quella del design e dei micro-manufatti per le relazioni umane) nella città (quella “costruita”). La sequenza di luoghi aperti destinati alla pubblica fruizione deve costituire un epitelio del tutto coerente con il corpo di appartenenza, anch’esso destinato, seppur con significati, usi e strumenti progettuali assai differenti, a determinarne la riconoscibilità e, soprattutto, la effettiva prestazionalità. Mentre l’immagine urbana si forma spesso senza regole scritte, sui tempi lunghi, attraverso la perpetuazione di un genius locale sacro e indiscutibile, il progetto di arredo urbano, che sembra oggi essere un obiettivo strategico di molte città, deve essere altresì il frutto di un’azione sistematica, coordinata e, pertanto, razionale, da potersi attuare nel breve-medio termine: esso consente infatti di contrastare la oramai inaccettabile dis-identificazione tra città e cittadino. Sul fronte sia tecnico-pre-stazionale che estetico, la qualità immediatamente percepibile della città scaturisce da un progetto di arredo urbano consapevole e organico, al quale oggi possiamo affidare anche il difficile compito di colmare il gap disciplinare esistente tra il dominio della progettazione urbana e quello del design. Si tratta, evidentemente, di un’operazione assai articolata e pluristrumentale che comunque travalica le problematiche della produzione in serie di attrezzature per la collettività: ne è testimone la molteplicità dei contributi presentati in questo volume, ciascuno dei quali esprime un sapere specifico riferito al grande tema, appunto, dell’arredo come strumento per la formazione di un desiderabile ambiente urbano; e la raccolta antologica che costituisce la seconda metà del testo, insomma, intende esplorare questo campo per metterne in luce tutte le possibili valenze, occasioni ed espressioni. L’approccio che qui si va profilando vale soprattutto per le circostanze in cui i progettisti sono costretti a trascendere i valori tipici del tessuto storico: quartieri-dormitorio, assi stradali, servizi e aree industriali, oltre a fratturare il territorio, propongono nuovi stimoli figurativi, nuove esigenze, nuovi modi di vivere il tempo e le relazioni e, ovviamente, nuovi criteri di gestione dello spazio pubblico e di celebrazione degli eventi collettivi. "Dobbiamo oggi organizzare o addirittura concepire in chiave del tutto intuitiva e immaginativa paesaggi urbani a-topici e multiformi, in cui fluttuano oggetti, informazioni, tecnologie ed energia. Sebbene la centralità del progetto di arredo urbano sia occupata in ogni caso dal design, dallo studio dei fatti grafici fino alla messa a punto del cosiddetto “arredo urbano”, gli spunti presentati in quest’opera ci restitui-scono certamente una visione quantomai articolata (e forse extra-disciplinare) del problema: il progetto di arredo urbano è sì il circuito di elementi ripetitivi che costellano il suolo della nostra città, ma è anche un intervento di architettura “minimale” ma diffusa, destinata a configurare luoghi “su misura”, un piano del colore, mirato al controllo cromatico delle quinte edilizie, e così via. È così che il progetto di arredo urbano viene a coincidere allora, in linea generale, con il progetto dei dettagli che connotano, attrezzano e rifiniscono gli spazi, sia aperti che chiusi, pubblicamente accessibili.



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