A Pechino è normale che il livello di PM10 (polveri sottili) vari tra i 142 microgrammi per metro cubo fino ai 175, quasi otto volte superiore a quello di 20 microgrammi che lOrganizzazione Mondiale della Sanità considera sopportabile. A Nuova York è di 27 microgrammi e a Londra di 24. A Milano quando va oltre i 50 scatta lallarme rosso. Oltre tutto le misurazioni di PM10 in Cina sono diverse dagli standard utilizzati nel resto del mondo. Pechino sconta certamente una posizione geografica che la espone a tempeste di sabbia e di polvere (in primavera) dovute a processi di desertificazione e che in estate la rende vulnerabile alla formazione di gabbie di aria calda umidissima. Ma lesplosione del traffico urbano, privo fino a qualche tempo fa di controlli (ora sono state installate 700 videocamere e presto arriveranno le centraline per regolare laccesso allinterno della seconda circonvallazione) e le decine di ciminiere di centrali termoelettriche che in città emettono quantità straordinarie di fumi e di gas hanno dato il colpo di grazia. La Cina non sembra comunque avere voglia di cambiare strada, la salute dei suoi cittadini è un problema secondario. Il viceministro degli esteri cinese, Zhang Yesui alla conferenza sullambiente di Bali ha addirittura dichiarato che ai Paesi in via di sviluppo deve essere concesso di alzare i livelli di emissione dei gas tossici per consentire ad essi di combattere la povertà. Insomma i ricchi hanno lobbligo di tagliare subito, gli altri (Cina in testa) hanno bisogno di tempo, un doppiopesismo non solo ambientale presente anche in alcuni ambiti europei.